L’aerea leggerezza di Emilio Leofreddi

Max Natali,   07 settembre 2009

L'aerea leggerezza di Emilio Leofreddi Arte e immagini     In mostra a Roma quindici tende di grandi dimensioni, realizzate in tecnica mista, che presentano il tema del viaggio nell’epoca della globalizzazione."Il respiro del mondo", l’esposizione allestita nella sala centrale del Complesso del Vittoriano, sarà visitabile fino al 20 settembre

Non sempre nei periodi di crisi politiche e sociali le arti ci vengono in soccorso e ci danno la possibilità di letture trasversali. Solitamente si rinchiudono nelle torri dorate della propria autoreferenzialità e da lì aspettano e guardano passare la tempesta. Per Emilio Leofreddi invece non stanno così le cose. Giovane artista della scuola romana, con importanti e significative installazioni e performance alle spalle, come il sorprendente "Mangiate Pietà", presentato nel ‘98 all’ex Snia Viscosa di Roma, Leofreddi di fatto apre la stagione capitolina con la mostra Il Respiro del Mondo, promossa da Fabio Falsaperla e Nicoletta Maria Gargari della Galleria "La Nuvola", che si inaugura al Complesso del Vittoriano mercoledì 9 settembre 2009 alle 18.

In occasione dell’inaugurazione, Tonj Acquaviva, compositore e leader degli Agricantus, autore delle musiche di sottofondo che accompagnano la mostra, dirige Stradabanda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio, che reinterpreta un brano tratto dal suo ultimo lavoro Millenium Klima. Testi in catalogo di Barbara Tosi (storico dell’arte), Tulia Baldassarri (studiosa di popoli e costumi), Francesco Carchedi (sociologo), Giuseppe Cederna (attore) e Sheila Mara Da Silva Conceição (mediatrice interculturale).

L’esposizione presenta 15 grandi tele realizzate su tende canadesi, che hanno per tema centrale il viaggio nell’epoca della globalizzazione e sono frutto del progetto "Dreams", in pratica un originale diario di viaggio, iniziato nel 2005 in occasione dei lunghi soggiorni dell’artista all’estero, sopratutto in India. Dalle sue impressioni, al cui fondo si trova sempre una forte carica etica e sociale, accompagnata dall’indignazione per le ingiustizie a cui è sottoposta una parte consistente dell’umanità, scaturiscono queste grandi opere in tecnica mista su materiali volutamente poveri come le tende grezze, che trovano un perfetto equilibrio tra carica espressiva e forza concettuale.

È il caso delle due grandi tele, intitolate "enterprice" 1 e 2, una sorta di doppio cartellone pubblicitario, che confronta i viaggi "low cost", che per svago conducono in ogni parte del mondo, con quelli dispendiosissimi in termini affettivi e economici di centinaia di migranti, costretti a rincorrere il sogno di una vita senza guerre, sofferenze, atrocità. Le due tende, allestite una accanto all’altra nelle grandi sale bianche del Vittoriano, svelano quasi immediatamente il concetto di fondo, non senza aver prima colpito l’osservatore per la bellezza e l’originalità della resa pittorica.

È questa in pratica la cifra stilistica del lavoro di Emilio Leofreddi, che si dispiega per tutta l’esposizione: l’immediata riconoscibilità dell’idea di fondo da cui nasce l’opera, come se ci trovassimo di fronte ad un rebus subito evidente, ma che non perde però di valore estetico. Anzi più l’occhio accarezza il soggetto e più si apprezzano le scelte visive di Leofreddi, le immagini, alle volte anche i "gesti pittorici", che danno corpo alle intenzioni di fondo.

Il respiro del mondo allora si trasforma in una sorta di grande mappa concettuale ed estetica allo stesso tempo, dove non conta la singola tenda, ma l’allestimento stesso delle opere, che svelano il loro vero senso nell’incontro, nella vicinanza delle une con le altre. Non esiste perciò un percorso delineato a priori. La mostra inizia nel momento stesso in cui il nostro sguardo flette da una parte piuttosto che dall’altra. Non c’è un prima e un poi, ma è l’unità a prevalere. Lo sottolinea il grande globo, su cui sono stati riprodotti i cinque continenti, che attira l’occhio del visitatore. Si tratta di una moderna "pangea", con i continenti uniti da fasce colorate, a sottolineare che la "razza" umana è una e una sola. Il respiro del mondo non punta dunque all’autoreferenzialità, al narcisismo figurativo, ma anzi sottolinea con enfasi la funzione sociale dell’arte, cosa non di poco conto in questa nostra Italia videocratica, che ci priva di contenuti reali per far passare solo le apparenze.

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